Lo stato innovatore

Lo stato imprenditore

L’impresa privata è sempre presentata come il motore dell’innovazione negli stati moderni. Mariana Mazzucato in questo libro demolisce questo mito. Comincia col mostrarci come non solo i privati non sono i maggiori responsabili delle grandi innovazioni che ci sono state negli ultimi anni ma anzi hanno approfittato dei risultati della ricerca pubblica per fare grandi guadagni pagando droyalties irrisorie per queste invenzioni. Il caso più eclatante è Apple, che ha costruito l’iPhone su una serie di invenzioni fatte nei laboratori pubblici americani ed adesso evita anche di pagare le tasse grazie ad esenzioni e paradisi fiscali. Discute poi il ruolo dei venture capitalists che che si vantano spesso di aver finanziato aziende innovanti ma che in verità arrivano proprio nel momento in cui i prodotti sono vicini alla commercializzazione e le aziende vicine a quotarsi in borsa. La Mazzucato ci mostra come sia stato lo stato con i suoi finanziamenti alla ricerca e le sue commesse a guidare l’innovazione negli ultimi e come questo possa ripetersi se il ruolo dello stato vienisse maggiormente riconosciuto e le invenzioni pagate attraverso delle royalties.
Il libro di legge bene per essere nato da un report scritto per il ministero del economia inglese. Alcuni concetti sono ripetuti piú volte, ma ció non guasta.

questo

Perché le nazioni falliscono

Why nations fail” nell’edizione italiana de Il Saggiatore “Perchè le nazioni falliscono” é un libro di Daron Acemoglu e James Robinson sulla nascita, lo sviluppo e la fine delle nazioni nel corso della storia. Il libro vuole cercare una spiegazione all’origine della prosperitá e della povertá che hanno attraversato ed attraversano differenti paesi. Personalmente io considero questo libro una risposta al lavoro di Jared Diamond  “Armi, acciaio e malattie“. Nel suo libro Diamond metteva in luce l’importanze delle risorse naturali in termini di piante, animali, clima etc. nello sviluppo della civitá umana. In parti del pianeta in cui  queste risorse erano state disponibili esse avevano permesso lo sviluppo di grandi civiltá, in altre in cui le risorse erano scarse gli insediamenti umani erano rimasti a livello di piccoli villagi o tribú.  In “Why nations fail”, Acemoglu e Robinson ribaltano questo teoria, le risorse sono importanti ma questo non é sufficiente per spiegare la crescità e la prosperitá di alcune nazioni rispetto ad altre. Secondo i due autori il punto cruciale per avere prosperitá e favorire lo sviluppo di una nazione é la presenza di “istituzioni inclusive”, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista politico. La mancanza di uno di  questi due requisiti fa si che sul lungo termine lo sviluppo di una nazione si arresti o ancora peggio porti al fallimento del paese stesso. Il libro é molto interessante e si legge bene. Acemoglu e Robinson  presentano molti esempi a partire dalla storia antica fino ai giorni d’oggi per avvalorare la loro teoria. Questi esempi mostrano come istituzioni inclusive creino un circolo virtuoso per l’economia, che peró é sempre in bilico e rischia di essere ribaltato da eventi di vario tipo.
Personalmente credo che la loro teoria sia corretta, anche se avrei messo l’accento  su aspetti più moderni come le pressioni che ricevono piccoli stati da grandi potenze e sul  controllo che uno stato democratico deve esercitare affinché un gruppo ristretto di persone non diventi troppo potente economicamente o politicamente fino  a minare le “istitutzioni inclusive”.
Alla fine, direi un libro che va letto assolutamente per capire quanto la crescita di un paese sia legata alla possibilità di partecipazione dei suoi cittadini.

Il Capitale nel XXI secolo

Il Capitale del XXI secolo
Thomas Piketty
Il capitale del XXI secolo

Leggere “Il Capitale nel XXI secolo” richiede un certo impegno. Nelle sue 900 pagine Thoams Piketty ci presenta uno studio esaustivo su l’accumulo e la distribuzione del capitale negli ultimi due secoli. Piketty ha fatto un grande lavoro di ricerca, durato anni, per trovare tutte le fonti possibili su cui basare conclusioni o valutare le differenti teorie economiche. Utilizzando le dichiarazioni fiscali, i dati sui patrimoni, le eredita e molti altre fonti, T. Piketty riesce a ricostruire la storia delle disugualianze economiche nei due secoli passati. I suoi risultati mostrano che sul lungo periodo, un sistema di libero mercato senza correzioni porta ad accumulo di richezza da parte di una piccolissima parte della popolazione a discapito degli altri. Questa conclusione non é da ricercarsi nell’imperfezione del mercato, quando nel fatto che il rendimento del patrimonio é in generale molto maggiore della crescrita economica di un paese, e quindi sul lungo termini chi possiede capitali tende a diventare sempre piú ricco rispetto alla lenta crescita dei salari. T. Piketty ci mostra come durante la storia fenomeni come le due guerre mondiali abbiamo arrestato questo processo, dando luogo ad una societá piú equa. Ma a partire dagli anni 80 questo sistema di accumulo del capitale é ripartito e lentamente la societá occidentale sta tendendo verso una societá di rentiers come all’inizio del secolo scorso. Questo fenomeno é accentuato dalla bassa natalitá, e dalla bassa crescitá. La soluzione al problema? per T. Piketty l’unico modo per arretrare la crescitá delle disugualianze é una tassa patrimoniale a livello Europeo o anche piú largo, che possa arginre la crescrita spropositata dei patrimoni.
Il libro é molto interessante, scritto bene, e facile da capire. Ci sono tantissimi dati ed un’analisi approndita dell’andamento dei patrimoni, l’importanza dell’ereditá, i salari, la globalizzazione, la meritocrazia, etc…
La cosa che piú mi é piaciuta é la prospettiva storica che offre sulle molte teorie economiche che spesso si sono formate basandosi sui dati di pochi anni, senza avere una visione completa che oggi si puó avere con i dati raccolti da Thomas Piketty.
Buona lettura.