Leggere “Il Capitale nel XXI secolo” richiede un certo impegno. Nelle sue 900 pagine Thoams Piketty ci presenta uno studio esaustivo su l’accumulo e la distribuzione del capitale negli ultimi due secoli. Piketty ha fatto un grande lavoro di ricerca, durato anni, per trovare tutte le fonti possibili su cui basare conclusioni o valutare le differenti teorie economiche. Utilizzando le dichiarazioni fiscali, i dati sui patrimoni, le eredita e molti altre fonti, T. Piketty riesce a ricostruire la storia delle disugualianze economiche nei due secoli passati. I suoi risultati mostrano che sul lungo periodo, un sistema di libero mercato senza correzioni porta ad accumulo di richezza da parte di una piccolissima parte della popolazione a discapito degli altri. Questa conclusione non é da ricercarsi nell’imperfezione del mercato, quando nel fatto che il rendimento del patrimonio é in generale molto maggiore della crescrita economica di un paese, e quindi sul lungo termini chi possiede capitali tende a diventare sempre piú ricco rispetto alla lenta crescita dei salari. T. Piketty ci mostra come durante la storia fenomeni come le due guerre mondiali abbiamo arrestato questo processo, dando luogo ad una societá piú equa. Ma a partire dagli anni 80 questo sistema di accumulo del capitale é ripartito e lentamente la societá occidentale sta tendendo verso una societá di rentiers come all’inizio del secolo scorso. Questo fenomeno é accentuato dalla bassa natalitá, e dalla bassa crescitá. La soluzione al problema? per T. Piketty l’unico modo per arretrare la crescitá delle disugualianze é una tassa patrimoniale a livello Europeo o anche piú largo, che possa arginre la crescrita spropositata dei patrimoni.
Il libro é molto interessante, scritto bene, e facile da capire. Ci sono tantissimi dati ed un’analisi approndita dell’andamento dei patrimoni, l’importanza dell’ereditá, i salari, la globalizzazione, la meritocrazia, etc…
La cosa che piú mi é piaciuta é la prospettiva storica che offre sulle molte teorie economiche che spesso si sono formate basandosi sui dati di pochi anni, senza avere una visione completa che oggi si puó avere con i dati raccolti da Thomas Piketty.
Buona lettura.
Categoria: finanzia
Come le università americane sono diventate degli ottimi gestori finanziari
Le università americane sono tra le piú ricche al mondo. Grazie a tutti questi soldi riescono a scalare le classifiche mondiali, che ogni anno vengono pubblicate sul web. Una larga parte del loro finanziamento deriva principalmente da due entrate: le rette che devono pagare gli studenti per accedere all’università; e le donazioni fatte da vari finanziatori, spesso da ex-studenti o famiglie che vogliono mandare il loro figli ad una data università.
Tutte queste entrate, insieme alla bassa tassazione a cui sono soggette le università, hanno fatto si che le università americane abbiano accumulato un considerevole patrimonio negli ultimi anni. Si va dalle poche decine di milioni di dollari per il North Iowa Community College, tra le ultime per dotazione, ai 30 miliardi per Harvard, passando per Yale (20 miliardi), Princeton e Stanford (15 miliardi), MIT e Columbia (10 miliardi). In totale le università americane detengono circa l’1% del patrimonio americano.
Tutti questi soldi non sono certo stati tenuti in un semplice deposito bancario, ma sono stati invesiti anno dopo anno, ed in maniera molto efficiente. La tabella sottostante riporta il rendimento medio delle dotazioni di capitale delle università america nel trentennio 1980-2010:
Tutte le università insieme (850) | 8,2% |
Le top 3 (Harvard-Yale-Princeton) | 10,2% |
Da notare che i dati di questa tabella sono al netto delle imposte, inflazione, plusvalenze e spese di gestione. Come fa notare Thomas Piketty nel suo libro[1] il rendimento delle varie università cresce con l’aumentare della loro dotazione, si val 6,2% delle piú piccole al 10,2% delle grandi.
In pratica chi ha meno soldi da investire riesce a farli fruttare meno di chi ne puo’ investire di piú. Vuoi perchè chi investe di più puo pagare un team più grande e costoso di gestori finanziari. Per esempio Harward ogni anno spende circa 100 milioni di dollari per la gestione della propria dotazione di capitale. Vuoi perché chi ha piú soldi da investire puo’ accedere a forme di investimento “alternative”, come azioni private, immobiliare etc.. al quale non possono accedere i piccoli investitori.
Qual’è l’effetto di tutti questi rendimenti sul bilancio delle università? Il primo effetto é che oggi i rendimenti finanziari fruttano dalle cinque o dieci volte di più delle donazioni degli ex allievi, che con il tempo stanno diventando sempre meno importanti, e le univesità si transformano sempre più in grandi gestori finaziari.
Referenze:
[1] Il capitale nel XXI secolo, Thomas Piketty edito da Bompiani